I baci mai dati

21 Feb

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I baci mai dati

Manuela ha tredici anni e vive in un quartiere degradato alla periferia di Catania. Un giorno, per gioco, inizia a raccontare di aver un dono speciale: può parlare con la statua della Madonna appena installata nella piazza del quartiere. Incredibilmente viene creduta, e la sua vita non è più la stessa: una folla di persone arriva in casa chiedendole di compiere miracoli, mentre sua madre Rita cerca di ricavarne il maggior vantaggio possibile.

Nata a Milano ma siciliana d’adozione, Roberta Torre è al suo sesto film dall’esordio folgorante con Tano da morire (1997) prima “satira musicale” sulla mafia realizzata con attori non professionisti. I baci mai dati ha aperto la sezione Controcampo Italiano alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2010, è stato selezionato per la competizione ufficiale dal Sundance Film Festival 2011 (il festival del cinema indipendente più importante degli Stati Uniti) e atterra a Como poco prima dell’uscita nelle sale italiane, prevista per il 29 aprile.

Ospite del Festival Carla Marchese, al suo esordio sul grande schermo con il personaggio di Manuela, giovanissima e loquace promessa nel cinema italiano contemporaneo. Ecco il dialogo con l’organizzatore del Festival, che ospita fuori concorso il film.

Per rimanere nel registro religioso, “benedici” o “maledici” il momento in cui hai fatto il provino e accettato la parte?

Sicuramente lo benedico. Vidi l’annuncio del casting al lido che frequentavo tutte le estati, e andai ad informarmi per conto di mio padre, che cercava lavoro nello spettacolo. Invece, l’aiuto regista di Roberta decise di farmi i provini per il ruolo di Manuela, e così ottenni la parte.

Quanto ti somiglia Manuela? Quanto il mondo dei miracoli ti è vicino?

Manuela mi somiglia, anche se è molto più paziente di me, non credo che avrei sopportato così a lungo tutte le sceneggiate legate al presunto miracolo e il giro di affari che si costruisce a partire da esso. Quanto al mondo dei miracoli, sono dichiaratamente atea e sicuramente non cattolica, a causa di alcune esperienze negative sperimentate durante la catechesi. Però credo che esista una sfera di religiosità in ciascuno di noi, di cui i miracoli possono essere un esempio concreto – e per miracoli non intendo apparizioni o eventi soprannaturali, quanto piuttosto i cambiamenti profondi che possono riguardare un’esistenza.

Come sono andate le riprese in esterni?

Molto bene, anche se il quartiere di Librino (dove abbiamo girato la maggior parte delle scene) ha davvero una brutta fama – i miei genitori insistevano per accompagnarmi dappertutto e m’intimavano di nascondere la borsa. Roberta ha persino deciso di assegnare un custode alla statua della Madonna, installata nel quartiere proprio in occasione delle riprese. E’ una statua molto bella, in gesso, opera di un’artista milanese. Al termine della lavorazione è stata donata ad una scuola del quartiere, che la conserva tuttora.

Come hai preparato il personaggio? Seguivi il copione o c’era spazio per l’improvvisazione?

Il lavoro di Roberta è basato quasi esclusivamente sull’improvvisazione. La sceneggiatura originale è stata rimaneggiata diverse volte sia in fase di preparazione sia durante le riprese. Questo modo di procedere a me piace molto, perché mi permette di essere più spontanea e naturale, più che nel seguire un copione.

Hai conosciuto Piera degli Esposti? Com’è lavorare con lei?

Devo dire la verità, prima di lavorare con lei non la conoscevo per nulla, mentre sul set tutti sapevano chi era, dagli attori ai tecnici alle costumiste. Abbiamo girato insieme poche scene, e non abbiamo avuto modo di comunicare molto – Piera è una persona molto riservata e rigorosa sul lavoro, se ne stava un po’ isolata e non partecipava alla vita del set, seguiva le indicazioni di Roberta e il copione molto diligentemente e tuttavia riusciva a mantenere un’estrema naturalezza nelle scene – una grande professionista.

Hai incontrato delle difficoltà particolari sul set?

Ci sono stati almeno tre momenti difficili. Il primo è legato alle scene in motorino: all’epoca delle riprese io avevo tredici anni e non solo non sapevo portare il motorino, ma non sapevo neppure andare in bici! Dopo un paio di tentativi di riprese e dei pomeriggi passati in piazza ad allenarmi, abbiamo deciso fosse meglio farmi sostituire da una controfigura, non ero abbastanza naturale alla guida. Il secondo riguarda una delle ultime scene, quando mi riconcilio con Donatella Finocchiaro, mia madre nel film. Siccome Roberta non voleva rendere la scena troppo melodrammatica abbiamo fatto moltissimi ciak provando inquadrature diverse, tanto che alla fine non avevo più lacrime per piangere! Abbiamo risolto mettendo un po’ di Vicks Vaporub sulle guance.. Infine, i costumi: affascinata com’ero dai vestitini colorati indossati dalle clienti del salone di parrucchiera, mi ritrovavo costretta alla tenuta “da suora” post miracolo.. non mi potevo proprio guardare allo specchio.

Cosa sono dunque per te i miracoli?

Ricondotti ad una dimensione umana, miracolo per me significa speranza di trasformazione. È in questo senso che credo vada interpretato il titolo del film: i baci mai dati sono quelli che Donatella Finocchiaro/Rita dà a Manuela alla fine della storia, l’espressione di un affetto ricercato per lungo tempo e finalmente ritrovato.

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